28/10/2015No Comments

SLOWFUNDING: piattaforma di crowdfunding per il recupero di immobili abbandonati

In un territorio quale l’Italia dove si è raggiunto da tempo il grado di “saturazione da cemento”, si è assistito negli ultimi anni ad un cambio di rotta da parte del settore edilizio che oggi si concentra sempre più su interventi di ristrutturazione e riqualificazione degli immobili esistenti: oltre 2 miliardi di metri quadri di edifici italiani necessitano di interventi di riqualificazione. All’interno di queste cifre vi è un patrimonio di immobili di elevata qualità storico-architettonica, oltre ad un inestimabile patrimonio di borghi minori in totale stato di abbandono che stiamo perdendo. Il loro recupero offrirebbe molteplici risvolti positivi, uno su tutti dal loro riutilizzo deriverebbero non solo vantaggi funzionali ma anche importanti valenze culturali ed economiche per tutto il territorio.Slowfunding 3

Ma qual è spesso il problema che impedisce la loro riattivazione? Molti dei proprietari di questi beni vorrebbero venderli, ma molti di più vorrebbero riattivarli e in diversi casi poter creare al loro interno attività produttive: ciò che manca a tutti loro sono le risorse economiche necessarie, le stesse che mancano ai possibili investitori e compratori perché molto spesso questi immobili hanno un costo di acquisto, recupero e gestione molto elevato. Per questo nasce Slowfunding, start up innovativa che intende sovvertire quest’impossibilità di azione dei soggetti coinvolti, rendendola possibile attraverso un sistema win-win capace di creare valore per tutte le parti coinvolte, un sistema che non si limiti al semplice recupero, ma che permetta di dare nuova vita al patrimonio secondo le correnti logiche di utilizzo.

Slowfunding 1Slowfunding è una piattaforma online di crowdfunding reward-based per il recupero e la riattivazione di immobili di potenziale valore ma in stato di abbandono. Attraverso un processo informatizzato, la piattaforma dà la possibilità ai proprietari dei beni di valorizzarli e sottoporli all’attenzione di un gruppo di investitori interessati (crowd) che coinvolti nel progetto immobiliare (esprimendo idee, preferenze ed esigenze) possano unire i loro capitali per finanziarne il recupero. In cambio ricevono il beneficio di usufruire dell’immobile stesso attraverso le varie ricompense (rewards) stabilite.

L’uso del crowdfunding nel settore immobiliare rappresenta per Slowfunding uno strumento capace di ridare ai piccoli e medi investitori un potere d’acquisto di beni spesso inaccessibili, grazie all’unione dei loro capitali ad altri investitori. Questo permette di ottenere le risorse necessarie per recuperare e riattivare questi luoghi, ricevendo in cambio il beneficio di riabitarli e dividendo con altri i costi di gestione e manutenzione.

 

L’idea scaturisce da un’analisi approfondita sul patrimonio e sul suo stato di conservazione, con un occhio particolare alle difficoltà di gestire il suo inesorabile declino. Attraverso la collaborazione e condivisione con professionisti del settore, è stato possibile trasformare quest’osservazione del territorio in un’idea imprenditoriale capace di offrire al settore immobiliare uno strumento alternativo per aiutare a rimettere in moto un processo pressoché spento.

La società oggi, conta su un team di professionisti esperti che hanno contribuito allo sviluppo dell’idea imprenditoriale. Un team di architetti ed ingegneri che crede nel progetto e lavora con una logica di “squadra”, avvalendosi di una rete di collaboratori esterni che sostengono Slowfunding in tutte le fase del processo.

Da quando la start up è attiva, Slowfunding è stata invitata a diversi eventi nazionale (Tavole rotonde, Expo, Materadio2015) ed è riuscita a ricevere diversi riconoscimenti e premi che le hanno permesso di crescere e migliorarsi. Tra i più importanti, vi sono:

- Start Cup Basilicata: Slowfunding si è aggiudicata due “premi speciali” durante la TechGarage Basilicata 2014, finale della business plan competition Start Cup Basilicata, promossa da Basilicata Innovazione e Unioncamere Basilicata, con la collaborazione di dPixel.

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  • -  TIM #Wcap Accelerator: Slowfunding è uno dei 10 talenti vincitore dell’edizione 2014 di “Working Capital Accelerator Milano”, iniziativa di Telecom Italia. Oltre ad essere stata finanziata attraverso un Grant, Slowfunding è stata accolta presso l’acceleratore TIM#Wcap di Milano, dove grazie al supporto di advisors e tutors specializzati, ha svolto un percorso d’incubazione volto ad affinare l’idea d’impresa, definire il modello di business e sviluppare il prodotto.
  • -  Intesa Sanpaolo StartUp Initiative: Slowfunding è una delle startup selezionate durante la “StartUp Initiative Smart Building & Construction 2014”, dalla piattaforma di accelerazione internazionale di Intesa Sanpaolo “StartUp Initiative” che seleziona startup hi-tech e le mette in contatto con investitori finanziari e industriali internazionali.
  • -  PNI - Premio Nazionale Innovazione: Slowfunding è uno dei primi quattro progetti d’impresa ad alto contenuto tecnologico finalista della XII edizione del Premio Nazionale per l’Innovazione 2014 tenutosi a Sassari, nel settore ITC (tecnologie della comunicazione e informazione).

Slowfunding sarà presente a Experimentdays Milano 2015

http://www.slowfunding.it/

01/09/2015No Comments

Nuovo sito per HousingLab

ecco il nuovo sito

09/07/2015No Comments

#collaborativeweek – 8 giorni per parlare di stili di vita collaborativi

Logo_Rectan_Trans_HQ Questa settimana, durante l'incontro di Milano Sharing City È stata lanciata al Expo Gate di Milano la collaborative week, una settimana intera dedicata all’economia collaborativa. #collaborativeweek si terrà a Milano, ex Ansaldo, dal 7 al 14 novembre 2015. 8 giorni per parlare di casa, lavoro, comunità e piattaforme. 4 eventi rivolti agli imprenditori, agli innovatori sociali, ai professionisti, ai giornalisti, ai ricercatori, agli studenti e ai cittadini. Experimentdays Milano, promossa dall’associazione HousingLab, è la fiera dell’abitare collaborativo che promuove nuovi stili di vita legati all’abitare consapevole. Sharitaly è il primo evento in Italia, organizzato da Collaboriamo e il laboratorio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore TRAILab, il cui obiettivo è promuovere questo nuovo modello economico in un contesto di regole chiare, favorendo la contaminazione fra comunità, piattaforme collaborative, amministrazioni e grandi aziende. La Conferenza Europea del coworking, organizzato da Global Enterprise, è un evento unico che raccoglie le più significative esperienze in tema di lavoro condiviso del Vecchio Continente. Espresso Coworking, infine, è il principale momento d’incontro nazionale  per la community italiana del coworking, gestito e organizzato da Lab121 in rete con i coworking italiani. Entrambi questi ultimi eventi sono curati da Proteina. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Vuoi essere protagonista della Collaborative week? Se sei un ricercatore, un centro di ricerca o esperto proponi un tema, una relazione, una ricerca per costruire con noi il programma di incontri e dibattiti. Se sei un’organizzazione, un’associazione o una start up presenta la tua attività, prenotando uno spazio espositivo all’interno di Experimentdays, proponendo un laboratorio all’interno di Experimentdays o Sharitaly, partecipando con un’attività di networking serale o agli start up awards all’interno di Sharitaly. Infine puoi contribuire a sostenere gli eventi attraverso le formule di partnership & sponsorship previste per essere presente su tutta la comunicazione della “Collaborative Week” e su quella digitale dei diversi eventi. Se vuoi partecipare scrivi a: hello@collaborativeweek.it Cover_LQ-19

06/07/2015No Comments

@Scambiocasa: quando la casa diventa un’opportunità per viaggiare. #xdaysmi15

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“Il primo scambio è sempre un’emozione speciale e anche una preoccupazione grande per i mille dettagli da curare. Il nostro primo scambio è stato con una famiglia di Siena e di sicuro sarà indimenticabile. E’ la prima volta che vivi la città non da turista ma da visitante, la prima volta che invece di stare in una piccola camera d’albergo ti trovi in una casa ampia con personalità e tante possibilità, la prima volta che fai la spesa e cucini qualcosa nella tua nuova cucina e la prima volta che accetti e dai consigli e suggerimenti preziosi sul nuovo posto; questa prima volta non la puoi scordare.”

Così Alicia Jimenez, originaria della Spagna e residente a Torino, racconta il suo primo scambio effettuato grazie a Scambiocasa.com, il più ampio circuito nello scambio di casa e di ospitalità nel mondo.

Quando Ed Kushins fondò l’organizzazione (in inglese HomeExchange.com) nel 1992 in California, era convinto che lo scambio di casa fosse l’alternativa ideale alle formule classiche di soggiorno quali case in affitto, alberghi o villaggi turistici poiché tale formula permette, a costi ridotti, di viaggiare, da solo, in coppia, in famiglia o tra amici, al di fuori dei sentieri battuti dal turismo di massa.

Tutto quello che bisogna fare è iscriversi al portale e mettere a disposizione la propria abitazione iniziando a progettare la propria vacanza.

E così ha fatto Alicia qualche anno fa, diventando uno dei più di 63.000 soci di HomeExchange.com in 154 paesi del mondo.

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“Dopo il primo scambio c’è stato di tutto” racconta “scambi in Italia, paese meraviglioso ma un po’ caro per il turista, in Europa (Francia, Inghilterra, Irlanda, Danimarca, Olanda, Repubblica Ceca) e perfino in America (tre mesi in Canada in quattro case diverse più una settimana a Chicago). Scambi simultanei per la maggior parte perché questa è la nostra casa ma anche non simultanei (in questo momento ci devono uno in Grecia e un altro a Seattle e non vediamo l’ora di andarci). Brevi o lunghi. Con prime o seconde case. Ci sono state case piccole, grandi, vecchie, nuove, con il giardino o senza, in centro o in periferia, in città e in paesini. Con architetture e stili tanto diversi.” Già perché non è vero che si possono scambiare solo case grandi e belle, Scambiocasa.com offre una varietà unica di appartamenti e dimore, che riflettono la diversità delle persone che scelgono questo nuovo modo di organizzare le vacanze. Molto spesso un piccolo appartamento nel cuore di una grande città è molto ambito e può essere scambiato più facilmente, magari con una grande casa sulla spiaggia.

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“Del primo anno ricordo in particolare la deliziosa casetta tradizionale nell’isola di Valentia Island, in Irlanda, in un micro paesino bellissimo. Nel secondo anno abbiamo vissuto un mese a Montreal in pieno centro, nel bellissimo quartiere di Mont Royal con giardini e parchi dappertutto. Ci siamo sentiti abitanti di quella città per quel periodo. Ci sedevamo sui nostri gradini di casa la sera a veder passare la gente e abbiamo anche fatto amicizia con i simpaticissimi vicini cileni. Dell’anno scorso non posso non parlare dell’incredibile casa dell’Ottocento con un giardino gigantesco a Moordrecht, un paesino olandese vicino a Gouda. Quando eravamo sdraiati nel nostro giardino a guardare tutti i tipi d’imbarcazioni che passavano davanti a noi sul canale, abbiamo creduto di stare in un film. Quest’anno invece all’ultimo abbiamo deciso di andare a visitare un nuovo paese, la Repubblica Ceca e una gentile famiglia ha accettato la proposta al volo e ci ha lasciato la loro casa di Praga nei giorni che volevamo noi. Non è incredibile?”

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Bello, vero? Ma come allontanare preoccupazioni e timori legati al lasciare la propria casa a sconosciuti? Il motto condiviso dagli appassionati di Scambiocasa.com, e da tutti coloro che si affidano a ScambioCasa.com, è “Tu sei nella mia casa mentre io sono nella tua”, per cui è molto probabile che all’inizio le persone con cui si scambia la propria casa abbiano le stesse paure. L’essenza che sta alla base di Scambiocasa.com e dell’intero circuito di HomeExchange.com è il rispetto reciproco per uno scambio basato sulla fiducia tra le parti. Se poi si vuole partire tranquilli e sereni, basta qualche accorgimento come mettere da parte gli oggetti preziosi, in una stanza chiusa o in cassaforte. Ma pensiamola anche così, fare uno scambio permette di avere sempre qualcuno in casa, il modo migliore per dissuadere i ladri mentre si è in vacanza.

Tanti i vantaggi dello scambio casa, ce li racconta sempre Alicia “Risparmi soldi ma soprattutto conosci posti nuovi, posti nei quali non saresti mai andato e che si possono rivelare unici, e anche gente nuova, che a volte è molto chiacchierona e finisci per fare amicizia con loro, e altre sono più formali ma non mancano mai di darti informazioni e di offrirti il loro aiuto per qualsiasi cosa. Ti senti protetto, ti senti accompagnato.

Poi per i bambini non c’è modo migliore di viaggiare, loro arrivano a ogni casa nuova con un’illusione fuori dal comune e corrono a scoprire ogni angolo sentendosi subito come a casa loro. E’ un’avventura, qualcosa di magico.

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Non solo una vacanza ma anche un’occasione di crescita “Abbiamo imparato ad adattarci a tutti i tipi di letti, di bagni, di elettrodomestici, di condizioni. E adesso ci sentiamo più aperti, più dinamici, più ricchi in tutti i sensi.

Mi sento di raccomandare questo sistema a chiunque ami viaggiare. L’ho già fatto, alcuni amici e conoscenti si sono iscritti grazie alla mia testimonianza. Finché vivremo, continueremo a fare scambi. Questo è sicuro.”

Curiosi di saperne di più?

Scambiocasa vi aspetta a Experimentdays 2015!

25/05/2015No Comments

#NextRieti In conclusione della residenza, una strategia di attivismo.

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Design Activisim e un termine che uso e conosco da un po’ di tempo. La sua sostanza, detta proprio in due parole, è iniziare a fare le cose, cominciare in modo poco programmato e vedere cosa sta succedendo. È un approccio che non toglie nulla all’importanza della pianificazione e il pensiero al lungo termine, ma è un modo per iniziare che oggi, spesso, è l’unico possibile. Siamo facilitati dalla tecnologia (ma non solo) alla diffusione delle idee e alla loro verifica, ancora in fase di concetto o prototipo: le comunità e i social network ci permettono di diffondere le nostre idee e iniziative, anche a livello internazionali, con poco. Ci permettono di confermare la loro desiderabilità, necessità o prontezza. Non solo, ci permettono di raggiungere altre persone che vogliono contribuire con la loro professionalità e passione. Basta pensare quanto poco ci mettiamo a pubblicare un sito internet, a creare e condividere un video, connettere persone con un social network o una campagna di croud-funding. (Non dico che sia un’azione senza pensiero e impegno, ma i tempi sono sicuramente più brevi di qualche anno fa). Il tutto, richiede una mentalità di apertura e l’abbandono di una visione competitiva e rigida. La nostra residenza a Rieti, è simbolo di apertura: invitare persone dall’esterno, condividere le necessità e le opportunità e, insieme elaborare idee e progetti. Non solo, comunicare in continuazione con le persone locali e con la comunità internazionale, condividendo il processo e i risultati.

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Alla fine di una residenza di 10 giorni abbiamo elaborato una strategia. Una strategia che è stata possibile elaborare proprio perché si è sbloccata l’idea di dover “occupare” l’area dell’Ex Snia per intero. Alla fine dei 10 giorni, con l’aiuto di chi di voi ne è esperto, si è capito che l’area può cominciare ad essere attiva con un principio di gradualità. Questa gradualità, in realtà vuole dire: molto velocemente. Vuol dire che da subito si possano immaginare delle piccole iniziative che coinvolgono gli stakeholder locali. Ci possiamo immaginare un’attività di connessione tra imprese, organizzazione e individui che poi possano trasformarsi (con la formazione e la pratica) in azioni importanti per il territorio, che, a loro volta, possano portare formazione e lavoro. Iniziare subito a connettere le persone attorno all’attivazione immediata dell’ex Snia, è il cuore della strategia. Ecco il Design Activisim, un’azione un po’ guerrilla che inizia, ha una buona intuizione e dipende dalle persone locali che decideranno di alzare le maniche e mettersi al lavoro. Persone con una visione, pronte a fare un investimento sulla propria città che non desiderano più aspettare. La loro responsabilità è molto importante perché capace di portare un’intera città fuori dal momento di attesa. Il passaggio fondamentale qui è che il cambiamento lo fanno le persone che lo desiderano.

Pochi giorni prima della fine della residenza a Rieti, ho visto questa foto, presa dal festival di Cinema a Gasa. Questa fotografia mi ha emozionato.

Gaza, Film festival 2015

Gaza, Film festival 2015

Questa foto è una prova che anche dopo guerre e disastri naturali, anche durante una crisi e in mezzo alle rovine, l’uomo trova un modo per celebrare la vita.

La cultura e l’innovazione non si fermano quando si ferma un’industria.

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Ferropolis, Gräfenhainichen

L’immaginazione vola anche quando gli aerei non decollano più.

Tempelhof, Berlin

Tempelhof, Berlin

La crescita e le coltivazioni non si bloccano come le ferrovie.

highline

highline new york

L’uomo trova il bello e il divertente anche nei luoghi più improbabili.

Non si ferma: connette, trasforma e cresce. Sono le persone che fanno la differenza, la loro voglia e capacità di generare cambiamento.

A Rieti abbiamo trovato un terreno fertile, risorse preziose, eccellenze locali. Abbiamo trovato la voglia di raccontare, abbiamo sentito storie che dovrebbero conoscere tutti. Qui a Rieti non abbiamo trovato una fabbrica abbandonata.

Abbiamo trovato ispirazione, opportunità e soprattutto voglia di fare.

La nostra proposta è un percorso di crescita e di sviluppo che ha radici nella storia di Rieti e dei suoi abitanti e come rami le loro competenze. Noi non siamo il motore del cambiamento per Rieti. Il motore è il capitale umano di Rieti stessa e il momento è ora.

13/05/2015No Comments

#nextrieti giorno 4, idee che vogliono essere espresse, aironi e cene

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A dire il vero, al quarto giorno della residenza qui, sta cominciando venire un prurito alle dita, la voglia di buttarsi, di progettare, di fare. Proprio con l’idea della prototipazione e della prova. Questa mattina, per la prima volta ci dividiamo in piccoli gruppi e cominciamo a tirare fuori le prima idee, un compito per nulla semplice perché ancora abbiamo molto da sfogare. L’operazione “imbuto” è abbastanza complessa. In più, tutti noi portiamo nello zaino molte esperienze e progetti.

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Insomma, la condivisione è molto interessante, ma non semplice. Si può facilmente immaginare che dalle nostre teste possano nascere 12 progetti tutti molto diversi. Affrontiamo la difficoltà proprio perché ci crediamo alla condivisione e alla partecipazione come elementi che portano ricchezza. Si sa che durano un po’ di più, si sa che includono conflitti e discussioni, ma si sa anche che il progetto che nasce da un gruppo forte è sempre più interessante del progetto del singolo.

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Dopo questo primo esercizio, partiamo per un’altra escursione in zona. Questa volta a vedere l’acqua di cui ci parlano molto, i laghi, le riserve. Il paesaggio si conferma nella sua bellezza. Riusciamo pure a vedere la liberazione di due aironi e ricevere delle spiegazioni sugli uccelli che si fermano nella riserva e il loro tracciamento. Trasparranno ancora azioni per la conoscenza e per lo studio: elementi che ripetano molto in questo luogo. La gita continua con San Francesco: i sentieri, il santuario, il primo presepe.

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La cena, nonostante la stanchezza è un momento importante. Ci facciamo tante risate e ci conosciamo meglio, a prescindere dalle esperienze professionali. Questi momenti non possono essere visti come separati al processo, perché, come abbiamo detto tutti più volte, l’importante sono le persone. Chiamalo team, capitale umano o altro, siamo noi, persone, attorno alla tavola.

09/05/2015No Comments

#nextrieti Secondo giorno – un momento intimo con la Ex Snia Viscosa

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Il secondo giorno a Rieti e quasi interamente dedicato alle visite. La mattina partiamo per vedere la ragione della nostra residenza e presenza qui, l’ex Snia Viscosa. Una camminata percettiva di 20 minuti ci porta all’ingresso della fabbrica. Da fuori si fa molta fatica immaginare quello che si trova dentro. Uno spazio immenso, una città nella città.

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Siamo fortunati di essere accompagnati da Luciano Di Felice, Ingegnere chimico e ex direttore dello stabilimento. Con passione ci racconta del luogo, del lavoro, del materiale Viscosa. C’è orgoglio nelle sue parole e dà la sensazione di una persona molto integrata a questo luogo specifico, come facesse ancora parte.

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Con noi ci sono anche Edoardo Currà, e Fabrizio Di Marco che ci aiutano capire alcuni elementi importanti legati all’architettura. La camminata ci porta dentro un luogo che, nonostante sia da poco abbandonato (10 anni) sembra “mangiato dalla natura”. L’acqua presente lì e la vegetazione sono le forze più grandi. Il rumore (silenzio?!) è quello degli uccellini.

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Qualcuno percepisce pace, qualcuno vuoto, qualcuno magia. Non è, in ogni caso una sensazione solita di quanto si visitano i siti industriali abbandonati. Alcuni dei palazzi sono molto belli e nelle stanze con le grosse vetrate si trovano mobili, quaderni e oggetti che raccontano storie. Arriviamo quasi tutti dalla progettazione e le visioni arrivano subito: un museo, un albergo, un ristorante, un birrificio… mostra di arte con il materiale recuperato e così via. Uscendo, lo diciamo tra tutti, la prima sensazione è quella di portare qui dentro anche la città: aprire un buco nel muro, fare scoprire il mondo dietro a quelle mura. Fare sognare anche altra gente.

La seconda visita importante è quella all’istituto Strampelli. Io personalmente non ne sapevo nulla, ma in poco tempo capisco, assieme a molti altri, che stiamo scoprendo un personaggio importante a livello internazionale. Luca Buttazzoni e Roberto Lorenzetti ci raccontano di Strampelli: è stato agronomo, genetista e senatore italiano, precursore della Rivoluzione verde. Ha studiato, proprio qui a Rieti, con le proprie mani, grani che potessero essere resistenti ed efficaci. Vedere le stanze piene di grano, spighe, barattoli e strumenti di laboratorio è stato emozionante.

Questa giornata è stata la camminata mano per la mano con Rieti. È stato un incontro intimo in cui noi, come gruppo, ci siamo lasciati prendere dalle emozioni e dalle scoperte. È stata una cena a lume di candele. Come ogni primo appuntamento non ha dato risposte a tutte le domande e ha lasciato ancora segreti e scoperte future. Ci ha dato l’impressione di essere, non solo bella ma ricca. Ricca di storia, d’innovazione, di risorse. Ci chiediamo: come valorizzare queste risorse? Come aumentare la loro visibilità? Come rigenerare spazi e luoghi che non vogliamo vedere essere perduti nel nulla. A questo, serviranno i prossimi giorni in cui lavoriamo insieme, ci confrontiamo con altre persone e piano piano ricamiamo idee pensieri e creiamo una visione, uno scenario.

Questo posto è stato pubblicato anche su: http://www.nextrieti.it/it/la-residenza/item/358-giorno-2-il-racconto-di-liat-rogel-quella-sensazione-di-pace-dalla-visita-alla-ex-snia.html

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05/05/2015No Comments

#nextrieti preparativi – caso studio #ufafabrik #berlino

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I pensieri futuri sulla Snia Viscosa a Rieti, mi portano ai ricordi di luoghi esistenti che oramai fanno parte del mio bagaglio culturale. Ho trascorso tre anni a Berlino, dove di industrie recuperate per iniziative collettive ne ho conosciute non poche. Un caso che mi ha colpito molto è quello del Ufa Fabrik. Ufa Fabrik, nasce negli anni 70 nel pieno del periodo delle occupazioni illegali di spazi abbandonati. In questo caso, un’area che un tempo ospitava i locali dell’UFA Film (società cinematografica nata nel 1917 e poi abbandonata 50 anni più tardi), nel quartiere urbano sito nella ex Berlino Ovest, nel distretto di Tempelhof-Schöneberg.

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L’area è stata occupata da famiglie (inizialmente solo 7 persone), con un’idea molto prescissa: creare una comunità di vita e lavoro condivisi che sia economicamente sostenibile e possa portare al quartiere cultura e servizi. Inizialmente tutte le famiglie condividono una cassa comune e iniziano a promuovere delle attività che, a loro volte, portano denaro.

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Le prime iniziative sono spettacoli di circo e teatrali. A mano a mano apre un caffè, una panetteria, si recupera la vecchia sala per le proiezioni dei film e così via. Con i soldi che entrano, la comunità intraprende una nuova iniziativa che possa generare altro ingresso economico. Con gli anni, non mantengono più la cassa comune, anche perché entrano a lavorare persone esterne.

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In parallelo alle iniziative culturali, inizia una sperimentazione molto all’avanguardia di sistemi per la produzione e il recupero dell’energia. Uno dei più grandi sistemi di energia solare di Berlino è realizzato, così come sistemi di riscaldamento geotermici, un locale di riutilizzo dell’acqua piovana e edifici con sistema di costruzione ecologica.

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Per molti anni l’occupazione dello spazio rimane illegale con scontri frequenti con la pubblica amministrazione. La comunità, riesce però ad avere il supporto degli abitanti del quartiere, proprio perché essi ne traggono un grande vantaggio culturale. Inoltre, comincia a crearsi un interesse internazionale, soprattutto per quanto riguarda i sistemi energetici. Dopo anni, nel 1986, il comune stipula un contratto d’affitto per l’intera area.

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Oggi ufa fabrik offre, oltre al programma culturale per il quartiere, una scuola aperta, una fattoria urbana, un caffè, una panetteria, un negozio di alimenti biologici, un ostello e dei servizi al quartiere (dopo scuola, consultorio…). Continuano a viverci circa 40 persone, ma ci lavorano altre 500. Circa 1000 visitatori internazionali arrivano ogni giorno nell’area.

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Questo è un esempio particolare perché nasce dal desiderio di creare un luogo autosufficiente, considerando il contesto specifico e il valore storico dell’area. La comunità ha saputo trovare delle soluzioni in modo imprenditoriale, non dimenticando i valori sociali alla base e usando, come dicono loro, molto senso del umorismo.

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Info:

http://www.bestpractices.at/main.php?page=programme/sus_housing/sus_housing_5/sus_housing_5_4&lang=en

http://www.rainmagazine.com/archive/1994/ufa-fabrik02022014

http://tripbu.altervista.org/berlino-tra-decrescita-e-nuova-visione-urbana/

 

16/09/2014No Comments

TAXI!!!

 

Questo racconto, così emozionante arriva da una vicina di casa di Scarsellini, che è anche una grande scrittrice. Belle parole di Antonella Zanca, che potrete anche conoscere alla nostra visita guidata di Giovedì.

 

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Lui, il taxista, quella via la conosceva bene.. Ormai da un anno accompagnava, la sera, una sua cliente in abbonamento, una ragazza che usciva dall’aeroporto sempre alla stessa ora, bella e silenziosa, arrivava al suo taxi e gli diceva: “Scarsellini 17”.

La prima volta lui sorrise e si mise a chiacchierare. Non lo faceva spesso, non gli piaceva essere troppo invadente, non amava farsi ricordare dai clienti come quello che non stava zitto un momento o, peggio, come quel povero taxista che doveva per forza sfogarsi, con il lavoro che faceva.

Ma la via Scarsellini scatenava cos’ tanti ricordi, tutti legati all’infanzia, forse i soli che aveva e che erano davvero sereni. Suo padre, (Ciao papà, dovunque tu sia) lavorava là. Era la sede del Corriere della Sera, storico e per molti anni IL quotidiano milanese. In via Scarsellini c’erano le rotative, in via Scarsellini c’era la sede del Corrierino dei Piccoli. Così, un giovedì pomeriggio, uno di quei giorni in cui la sua mamma non lavorava, il piccolo Enrico venne portato per la prima volta nel grande e immenso edificio in cui suo padre si rinchiudeva ogni giorno, in cui spesso andava la notte, in cui a volte restava giorno e notte, quando succedeva qualcosa di speciale (Sai, Enrico, è scoppiata una guerra, e la gente deve sapere, così noi stampiamo le notizie, anche quelle straordinarie, e tutti leggono e si informano. Lo sai, vero, che quando le cose le conosci, ti fanno meno paura?)

Bastava quindi rievocare il nome, Scarsellini, per fargli sentire il profumo della stampa, il rumore dei rulli che giravano, il sorriso orgoglioso di suo padre, il foglio di carta, il giornale finito, le grida, le mani belle e lunghe di uomini che carezzavano con amore le copie infinite del loro lavoro.

Scarsellini 17. Tutto questo, la prima volta, volle raccontare alla signorina alta e silenziosa. Lei, sorrideva, ma non diceva nulla. Alla fine quasi si scusò delle sue chiacchiere. Quando scese, davanti a quegli strani edifici gialli, grigi, bianchi, divisi da un bel parco, lui gettò solo un’occhiata distratta in alto, cercando di capire come si poteva abitare in un luogo tanto ricco di gente. Amante della solitudine, la sera si ritirava nel silenzio della sua villetta a schiera, laggiù nella bassa, tra un campo da golf e un campo di granoturco.

Avrebbe potuto dimenticarsene ma successe di nuovo. Lei che usciva, lui che si trovava proprio davanti alle porte scorrevoli, e lei che di nuovo gli buttava lì: Scarsellini 17!

Diventò un’abitudine che nessun collega osò infrangere. Lo sapevano tutti che non si faceva, che la regola era quella della fila e del “tocca a chi tocca”, ma si rendevano conto che quella storia di chiacchiere, tra Enrico e quella ragazza alta e dallo sguardo dolce, era troppo bella per non farla continuare. Allora si chiudeva un occhio, anzi, lo si aiutava, l’Enrico, ad essere sempre lì. Pronto, il lunedì e il giovedì, primo della fila all’ora giusta, ad accompagnare quella che ormai tutti definivano la Sua cliente.

Cominciarono a poco a poco a comunicare. Lui continuò il racconto del passato, con le figurine del Corriere dei Piccoli che bisognava chiedere proprio lì, in via Scarsellini 17; lei con una storia sconclusionata fatta di cooperative, di gente che si associava, di nomi stranieri che la sera lui doveva andare a cercare su internet per non fare la figura dell’ignorante.

Per la prima volta sentiva parlare di co-housing e non è che, anche guardando su internet, ci capisse qualcosa. Così chiese aiuto, cercò di capire.

Ma sì, gli diceva lei, si vive tutti insieme, in questi grandi palazzi, e si condivide

Sì, ma cosa condividete, il parco?

Certo, anche il parco, ma per esempio, la rete internet.

Tutti condividiamo la rete internet, cosa vuol dire?

Sai, grazie alla ricerca e al lavoro di un paio di noi, abbiamo contattato un’azienda che lo fa di mestiere, così ci hanno trattati come se fossimo anche noi un’azienda: abbiamo creato un gruppo di utenti che grazie alla fibra ottica e al contratto collettivo ha un servizio potente a prezzi molto vantaggiosi, mediamente un terzo in meno che con i contratti con le compagnie di grido. Grazie alla fibra ottica, telefoniamo via internet, e le telefonate tra di noi sono gratis.

E questo solo grazie al fatto che siete una co-housing?

No, non siamo proprio una co-housing, ma ci ispiriamo al principio che si può vivere insieme utilizzando al meglio spazi, tempi ed esigenze di ognuno.

Idee tante, ma per ora ne abbiamo realizzate solo alcune. Per esempio l’uso delle sale comuni. Un giorno ti farò vedere come sono belle e che belle cene facciamo tutti insieme.

Dai, con i condomini? Ma se io, nel mio condominio di villette a schiera, continuo a litigare.

Il principio è proprio quello di conoscersi per evitare il litigio. Se sopra di te c’è un tale che sbatte la tovaglia sul tuo balcone, è facile sbraitargli dietro che non si fa, che è un maleducato, e in poco tempo arrivare a non salutarlo più. Ma se chi sbatte la tovaglia è Luigi, quel signore che si veste da Babbo Natale e fa divertire i bambini e si offre per portare al mercato le signore anziane, è più facile per te prenderlo un po’ in giro e bonariamente dirgli che non ti va giù che sul tuo balcone ci siano sempre le sue briciole.

Ma dai, funziona davvero così, non litigate?

Non litigare forse è impossibile, provarci no, e noi ci proviamo sul serio. Per esempio proprio nella sala comune facciamo corsi di ginnastica.

No, non andate in palestra?

Ci troviamo lì, nella sala comune, due sere la settimana. Abbiamo chiamato un’insegnante che ci fa due corsi, uno di Pilates e uno di aerobica, paghiamo meno, siamo a casa nostra e ci conosciamo tutti.

Non so se mi piacerebbe fare ginnastica con la mia vicina. Poi mi vede la pancetta!
Sai, quando ci si conosce bene, non ci si guarda più attraverso il velo delle apparenze, ma solo dritti negli occhi. Io delle persone non ricordo più le forme, gli eventuali difetti, ma solo i loro sorrisi, le loro voci e certo i racconti dei loro bambini

Oh già, i bambini

Ne sono nati tanti, tra i due gruppi, nei due palazzi. Ora crescono insieme, il pomeriggio il cortile del parco è ricco delle loro voci e spesso ci si dà una mano, si controllano insieme, si fanno giocare insieme, crescono in un gruppo che conoscono e che sarà il loro futuro.

Mah.

E poi facciamo la spesa insieme, abbiamo il nostro Gruppo di Acquisto.

Cioè non vai all’Esselunga?

Ma sì, certo che ci vado, ma non per tutto. Per esempio, per i formaggi, abbiamo un gruppo molto attivo di golosi cronici e compriamo da un distributore direttamente. Un po’ si risparmia ma siamo certi della qualità. Ormai non potremmo fare a meno di quei sapori unici.

Formaggi, io non posso mangiarne molti., ho il colesterolo alto.

Compriamo anche la carne, la frutta e la verdura, il miele e poi il succo di mela da un certo Roberto che nel mantovano coltiva le mele, e non solo, e fa un succo di mela unico. Se passi da me te lo faccio assaggiare, il succo di mela di Rob del Bosco.

Succo di mela? A me piacciono le mele!
Enrico cominciava a divertirsi. Sorrideva all’idea che un gruppo di persone potesse entusiasmarsi tanto per vivere insieme.

Sorrideva e pensava alla sua vita solitaria, al suo vivere da sessantenne, solo. L’età avanzava e dal suo paesino, per arrivare in qualsiasi luogo, ci voleva la macchina. E quando non fosse stato più in grado di guidare? Vivere da soli poteva essere un problema con l’età che avanzava.

Sorrideva e si guardava in giro, Enrico, con la voglia di cambiare, di provare un modo diverso di partecipare anche alla vita degli altri. Non per gusto del pettegolezzo, ma per il piacere di stare insieme.

Il cartello “vendesi”, quel giovedì sera, lo fulminò.

Vuoi vedere che poteva cambiare la sua vita con una telefonata?

28/08/2014No Comments

Quando la cantina diventa palestra – Via Hajech 31

Siamo orgogliosi di pubblicare questo racconto breve di Maria Sepa, scrittrice Milanese (Milano Downtown) che ci racconta del proprio condominio e di come con un po' di fantasia, lei e i suoi vicini abbiano trasformato un seminterrato in una palestra condominiale.

Cohousing Gym

illustrazione di JUNGEUN KIM

Via Hajech 31

La prima espressione che mi viene alla mente, per cercare di definire il nostro condominio, è “per bene”. Siamo un piccolo condominio di dodici nuclei familiari. Anagraficamente la maggior parte di noi è costituita da coppie dai 30 ai 60 anni; l’altra metà è abbastanza equamente distribuita tra bambini, ragazzi, anziani e single. Sotto il profilo sociale quel che ci distingue è l’alta presenza di artisti (cinque, il 15 percento circa), e il fatto che andiamo d’accordo. Le assemblee condominiali non durano mai più di un’oretta e si risolvono sempre senza conflitti. Ci regoliamo basandoci sul buon senso: spendere il meno possibile e solo quando necessario, senza però trascurare il decoro dell’edificio e il benessere anche solo di uno di noi.

Ci conosciamo da tanti anni, anche se non ci frequentiamo e ci limitiamo a coltivare rapporti di buon vicinato: sappiamo di poter contare sui due medici tra di noi in caso di emergenza (una volta uno di loro ha probabilmente salvato la vita a un altro condomino), sull’architetto per i problemi di manutenzione della casa, su tutti per consigli su negozi, scuole, baby-sitter. Non ci infastidiscono – anzi ci fanno compagnia - i bambini che giocano in cortile, tolleriamo gli inevitabili rumori delle esistenze altrui che ci si svolgono accanto: le corse dei bambini in casa, le prove di chi fa musica, l’abbaiare di qualche cane. Risolviamo civilmente qualche incidente. Ci teniamo vagamente informati di quel che ci accade, perché non siamo indifferenti ma neanche ficcanaso.

In due casi siamo stati dei pionieri: quindici anni fa abbiamo sostituito – i primi della via - la caldaia a gasolio con una a metano, superando con gran fatica le innumerevoli difficoltà di tipo tecnico e burocratico. L’anno scorso abbiamo costruito una piccola palestra condominiale, seguendo quel che avviene ormai abbastanza abitualmente negli USA. Nel seminterrato dell’edificio c’è una vasta cantina comune che veniva usata per depositare mobili e attrezzi che non servivano più. Abbiamo deciso di sgombrarla e ripulirla, abbiamo steso sul pavimento di cemento un rotolo di linoleum e poi chi era interessato ha portato gli attrezzi da ginnastica che voleva condividere con gli altri. È arrivata una cyclette, uno step, un pallone. Abbiamo poi comprato con donazioni volontarie una cyclette ellittica, una panca con i pesi, una sbarra per le trazioni. E un orologio per controllare il tempo. Il locale è senza finestre e non particolarmente allegro, ma stiamo pensando a come migliorare questo aspetto. Ogni condomino - anche chi non ha contribuito – può usare la palestra attenendosi a semplici regole di buon senso.

Il risultato? Alcuni sono diventati degli habitué e vanno in palestra regolarmente (che comodità poterci andare quando si vuole, prestissimo al mattino o tardi alla sera, e poi potersi fare la doccia a casa). Altri non rinunciano a frequentare palestre più attrezzate e mondane e fanno un salto nella nostra cantina saltuariamente, quando sono di fretta. Per altri ancora è stata comoda quando hanno dovuto fare un periodo di riabilitazione dopo un incidente. Nel complesso ci sembra di esserci dotati di un servizio utile e piacevole a un prezzo molto conveniente.