Questo racconto, così emozionante arriva da una vicina di casa di Scarsellini, che è anche una grande scrittrice. Belle parole di Antonella Zanca, che potrete anche conoscere alla nostra visita guidata di Giovedì.
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Lui, il taxista, quella via la conosceva bene.. Ormai da un anno accompagnava, la sera, una sua cliente in abbonamento, una ragazza che usciva dall’aeroporto sempre alla stessa ora, bella e silenziosa, arrivava al suo taxi e gli diceva: “Scarsellini 17”.
La prima volta lui sorrise e si mise a chiacchierare. Non lo faceva spesso, non gli piaceva essere troppo invadente, non amava farsi ricordare dai clienti come quello che non stava zitto un momento o, peggio, come quel povero taxista che doveva per forza sfogarsi, con il lavoro che faceva.
Ma la via Scarsellini scatenava cos’ tanti ricordi, tutti legati all’infanzia, forse i soli che aveva e che erano davvero sereni. Suo padre, (Ciao papà, dovunque tu sia) lavorava là. Era la sede del Corriere della Sera, storico e per molti anni IL quotidiano milanese. In via Scarsellini c’erano le rotative, in via Scarsellini c’era la sede del Corrierino dei Piccoli. Così, un giovedì pomeriggio, uno di quei giorni in cui la sua mamma non lavorava, il piccolo Enrico venne portato per la prima volta nel grande e immenso edificio in cui suo padre si rinchiudeva ogni giorno, in cui spesso andava la notte, in cui a volte restava giorno e notte, quando succedeva qualcosa di speciale (Sai, Enrico, è scoppiata una guerra, e la gente deve sapere, così noi stampiamo le notizie, anche quelle straordinarie, e tutti leggono e si informano. Lo sai, vero, che quando le cose le conosci, ti fanno meno paura?)
Bastava quindi rievocare il nome, Scarsellini, per fargli sentire il profumo della stampa, il rumore dei rulli che giravano, il sorriso orgoglioso di suo padre, il foglio di carta, il giornale finito, le grida, le mani belle e lunghe di uomini che carezzavano con amore le copie infinite del loro lavoro.
Scarsellini 17. Tutto questo, la prima volta, volle raccontare alla signorina alta e silenziosa. Lei, sorrideva, ma non diceva nulla. Alla fine quasi si scusò delle sue chiacchiere. Quando scese, davanti a quegli strani edifici gialli, grigi, bianchi, divisi da un bel parco, lui gettò solo un’occhiata distratta in alto, cercando di capire come si poteva abitare in un luogo tanto ricco di gente. Amante della solitudine, la sera si ritirava nel silenzio della sua villetta a schiera, laggiù nella bassa, tra un campo da golf e un campo di granoturco.
Avrebbe potuto dimenticarsene ma successe di nuovo. Lei che usciva, lui che si trovava proprio davanti alle porte scorrevoli, e lei che di nuovo gli buttava lì: Scarsellini 17!
Diventò un’abitudine che nessun collega osò infrangere. Lo sapevano tutti che non si faceva, che la regola era quella della fila e del “tocca a chi tocca”, ma si rendevano conto che quella storia di chiacchiere, tra Enrico e quella ragazza alta e dallo sguardo dolce, era troppo bella per non farla continuare. Allora si chiudeva un occhio, anzi, lo si aiutava, l’Enrico, ad essere sempre lì. Pronto, il lunedì e il giovedì, primo della fila all’ora giusta, ad accompagnare quella che ormai tutti definivano la Sua cliente.
Cominciarono a poco a poco a comunicare. Lui continuò il racconto del passato, con le figurine del Corriere dei Piccoli che bisognava chiedere proprio lì, in via Scarsellini 17; lei con una storia sconclusionata fatta di cooperative, di gente che si associava, di nomi stranieri che la sera lui doveva andare a cercare su internet per non fare la figura dell’ignorante.
Per la prima volta sentiva parlare di co-housing e non è che, anche guardando su internet, ci capisse qualcosa. Così chiese aiuto, cercò di capire.
Ma sì, gli diceva lei, si vive tutti insieme, in questi grandi palazzi, e si condivide
Sì, ma cosa condividete, il parco?
Certo, anche il parco, ma per esempio, la rete internet.
Tutti condividiamo la rete internet, cosa vuol dire?
Sai, grazie alla ricerca e al lavoro di un paio di noi, abbiamo contattato un’azienda che lo fa di mestiere, così ci hanno trattati come se fossimo anche noi un’azienda: abbiamo creato un gruppo di utenti che grazie alla fibra ottica e al contratto collettivo ha un servizio potente a prezzi molto vantaggiosi, mediamente un terzo in meno che con i contratti con le compagnie di grido. Grazie alla fibra ottica, telefoniamo via internet, e le telefonate tra di noi sono gratis.
E questo solo grazie al fatto che siete una co-housing?
No, non siamo proprio una co-housing, ma ci ispiriamo al principio che si può vivere insieme utilizzando al meglio spazi, tempi ed esigenze di ognuno.
Idee tante, ma per ora ne abbiamo realizzate solo alcune. Per esempio l’uso delle sale comuni. Un giorno ti farò vedere come sono belle e che belle cene facciamo tutti insieme.
Dai, con i condomini? Ma se io, nel mio condominio di villette a schiera, continuo a litigare.
Il principio è proprio quello di conoscersi per evitare il litigio. Se sopra di te c’è un tale che sbatte la tovaglia sul tuo balcone, è facile sbraitargli dietro che non si fa, che è un maleducato, e in poco tempo arrivare a non salutarlo più. Ma se chi sbatte la tovaglia è Luigi, quel signore che si veste da Babbo Natale e fa divertire i bambini e si offre per portare al mercato le signore anziane, è più facile per te prenderlo un po’ in giro e bonariamente dirgli che non ti va giù che sul tuo balcone ci siano sempre le sue briciole.
Ma dai, funziona davvero così, non litigate?
Non litigare forse è impossibile, provarci no, e noi ci proviamo sul serio. Per esempio proprio nella sala comune facciamo corsi di ginnastica.
No, non andate in palestra?
Ci troviamo lì, nella sala comune, due sere la settimana. Abbiamo chiamato un’insegnante che ci fa due corsi, uno di Pilates e uno di aerobica, paghiamo meno, siamo a casa nostra e ci conosciamo tutti.
Non so se mi piacerebbe fare ginnastica con la mia vicina. Poi mi vede la pancetta!
Sai, quando ci si conosce bene, non ci si guarda più attraverso il velo delle apparenze, ma solo dritti negli occhi. Io delle persone non ricordo più le forme, gli eventuali difetti, ma solo i loro sorrisi, le loro voci e certo i racconti dei loro bambini
Oh già, i bambini
Ne sono nati tanti, tra i due gruppi, nei due palazzi. Ora crescono insieme, il pomeriggio il cortile del parco è ricco delle loro voci e spesso ci si dà una mano, si controllano insieme, si fanno giocare insieme, crescono in un gruppo che conoscono e che sarà il loro futuro.
Mah.
E poi facciamo la spesa insieme, abbiamo il nostro Gruppo di Acquisto.
Cioè non vai all’Esselunga?
Ma sì, certo che ci vado, ma non per tutto. Per esempio, per i formaggi, abbiamo un gruppo molto attivo di golosi cronici e compriamo da un distributore direttamente. Un po’ si risparmia ma siamo certi della qualità. Ormai non potremmo fare a meno di quei sapori unici.
Formaggi, io non posso mangiarne molti., ho il colesterolo alto.
Compriamo anche la carne, la frutta e la verdura, il miele e poi il succo di mela da un certo Roberto che nel mantovano coltiva le mele, e non solo, e fa un succo di mela unico. Se passi da me te lo faccio assaggiare, il succo di mela di Rob del Bosco.
Succo di mela? A me piacciono le mele!
Enrico cominciava a divertirsi. Sorrideva all’idea che un gruppo di persone potesse entusiasmarsi tanto per vivere insieme.
Sorrideva e pensava alla sua vita solitaria, al suo vivere da sessantenne, solo. L’età avanzava e dal suo paesino, per arrivare in qualsiasi luogo, ci voleva la macchina. E quando non fosse stato più in grado di guidare? Vivere da soli poteva essere un problema con l’età che avanzava.
Sorrideva e si guardava in giro, Enrico, con la voglia di cambiare, di provare un modo diverso di partecipare anche alla vita degli altri. Non per gusto del pettegolezzo, ma per il piacere di stare insieme.
Il cartello “vendesi”, quel giovedì sera, lo fulminò.
Vuoi vedere che poteva cambiare la sua vita con una telefonata?