Quando nel 2017 abbiamo mappato le abitazioni collaborative in Italia, abbiamo concluso definendole come laboratori di innovazione per il mercato immobiliare. Abbiamo infatti scoperto che le persone che vivevano in co-housing erano più aperte a sperimentare nuove pratiche: nuovi modi di produrre/risparmiare l'energia, strategie di integrazione, piccole economie ecc.
Quando è arrivato il lockdown durante la pandemia di COVID-19 ci siamo incuriositi dei progetti di abitare collaborativo che conoscevamo. È diverso vivere in un ambiente collaborativo? Come faranno gli abitanti ad affrontare la situazione? Cosa cambierà? Le nostre principali preoccupazioni riguardavano gli spazi condivisi, che in molti casi non potevano essere utilizzati durante questo periodo di tempo, ma anche il rischio di un forte isolamento all'interno di una comunità abituata invece a una quotidianità di scambi e condivisioni. Abbiamo contattato alcune delle persone che vivono in questi contesti e abbiamo chiesto loro informazioni sulle loro pratiche, ecco cosa abbiamo trovato:
Essere vicini, anche senza spazi condivisi: Green Opificio è un progetto piuttosto recente, inaugurato nel novembre 2018. 82 appartamenti che condividono alcuni spazi comunitari (una palestra, una sala living, uno spazio per i bambini, la lavanderia) in cui vengono auto organizzate attività collettive. Uno dei primi effetti del lockdown su Green Opificio è stato la chiusura degli spazi comuni in quanto non era sicuro utilizzarli. È stata quindi una sfida coltivare le relazioni e gli scambi tra vicini, visto che la maggior parte della collaborazione avviene proprio in questi spazi. E così la comunità di condomini ha utilizzato i suoi canali digitali (whatsapp e gruppo di facebook) per rimanere in contatto e offrire aiuto in caso di necessità. Sono stati anche organizzati alcuni momenti sociali, per esempio raccogliendo durante la settimana le canzoni preferite degli abitanti e suonandole da uno dei balconi il venerdì sera. Con l’allentamento del lockdown Nuova Armenia, un'associazione culturale locale che promuove da anni l’iniziativa Cinema di Ringhiera, ha organizzato una proiezione di un film nel cortile dell'edificio.
Acquisti locali - Smart Lainate è un progetto di 89 appartamenti, in una piccola città vicino a Milano. Un soggiorno e una cucina comuni, uno spazio coworking e uno per i bambini sono stati tutti chiusi a chiave. Fare la spesa durante il lockdown non era semplice tra code e difficoltà di organizzazione domestica, soprattutto per le famiglie con bambini, e così il gruppo di vicini che fa parte del G.A.S. Abitaresmart si è interrogato su come poter essere d’aiuto per gli altri condomini. Sono riusciti a rafforzare gli acquisti locali presso i produttori vicini, aumentando le quantità e differenziando le tipologie di merce, in questo modo hanno supportato sia gli abitanti che i contadini. L’attività del G.A.S. condominiale era già in corso prima della chiusura, ma durante il lockdown è cresciuta in modo significativo in quanto è diventata improvvisamente l'opzione più comoda, coinvolgendo così anche quei vicini che fino a quel momento non avevano ancora sperimentato questa modalità di acquisti collettivi.
Come una grande famiglia - Cohousing Base Gaia è un progetto recente, interamente promosso e realizzato da un gruppo di 10 famiglie. I cohousers si sono trasferiti nella casa pochi mesi prima del lockdown, ma si conoscono molto bene dopo gli anni passati a confrontarsi e progettare insieme. Hanno deciso di agire come una grande famiglia, affrontando il lockdown come gruppo e non come singoli nuclei. Questo ha permesso loro di continuare a utilizzare gli spazi condivisi e di mantenere forti relazioni sociali anche in questo periodo, evitando l'isolamento. Chiaramente ogni membro doveva essere estremamente responsabile e reattivo in caso di segni di malattia. Potendo utilizzare gli spazi comuni e fare a turno, la gestione dello smart working e della cura dei bambini è stata molto semplice.
Prendersi cura dei vicini - Coabitazioni solidali è un'iniziativa di ACMOS in cui i giovani hanno accesso ad alloggi a prezzi accessibili in cambio di ore di volontariato all’interno del condominio o del quartiere, in contesti abitati spesso da persone fragili. Durante il lockdown hanno inventato molti modi per assistere le persone anziane che vivono accanto a loro. Fare la spesa, per esempio, è stata anche una scusa per fermarsi un attimo davanti alla porta di casa e chiedere come stavano. Mantenere il rituale del caffè dopo pranzo con i vicini, anche se parlandosi tra una finestra e l’altra, o animare il condominio con concerti dai balconi sono stati modi per tenere alto il morale dei vicini e aiutarli ad affrontare meglio l’isolamento.
L'osservazione di questi comportamenti durante la crisi COVID19 rafforza la nostra visione dei cohousing come laboratorio di innovazione. Essi hanno dimostrato infatti un'estrema capacità di resistenza e facilità nel reinventare la loro situazione, sfruttando al meglio le relazioni umane che avevano coltivato in precedenza. La comunità è il punto di forza dell'abitare collaborativo e permette alle case di diventare una struttura molto flessibile per il benessere sociale.
Crediamo che questa pandemia possa essere un bene per spingere verso soluzioni abitative più collaborative. Non solo quelle esistenti hanno dimostrato di essere adattabili e in grado di affrontare la crisi, ma anche le abitazioni non collaborative hanno mostrato segnali in questa direzione. In molte città, infatti, le persone hanno riscoperto i propri vicini: abbiamo sentito tante storie su come sia diventa un'abitudine salutare e fare due chiacchiere da un balcone all’altro, offrire una torta, usare un'area comune come un cortile per fare attività insieme. La combinazione di queste due osservazioni speriamo possa portare a un cambiamento più rapido nel mercato immobiliare e a creare una domanda di alloggi più collaborativi.
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